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A cura di Irlando Danieli
Nel precedente articolo (pubblicato nel
numero di gennaio 2014) ero stato molto
determinato nella difesa della musica
corale “da non dimenticare”, ricordando
(e proponendo) ai lettori musicisti e
cantori come sia importante
sperimentar
cantando
: il che significa saper
affrontare il vasto repertorio specifico
con criteri di libertà di scelta e
soprattutto con vero
desiderio di
conoscenza.
Naturalmente mantengo il mio impegno,
ma oggi vorrei essere un poco più
leggero e parlare con fantasia
stando nel
tempo (o nella realtà) e andandone al di
fuori.
C’è nel romanzo “Il nome della rosa” di
Umberto Eco un passo, all’inizio del
Sesto giorno
, di particolare forza
espressiva nella descrizione di un fatto
corale. Siamo nel periodo natalizio e i
monaci si ritrovano per il canto del
mattutino: così nell’alba gelida,
improvvisamente risuona per l’Abbazia
l’
organum
“Sederunt principes”, che
Perotinus aveva composto più di due
secoli prima (1199 c.) a Notre-Dame,
quando la cattedrale, pur venendo già
usata per i riti, era ancora in costruzione.
Attraverso le parole dello scrittore, la
scena pare quasi materializzarsi; il
tenor
inizia con il Re grave, che nel silenzio
sembra ora “sorgere dal cuore della
terra”: su questo suono grave, potente,
primigenio, vera e propria colonna
portante di tutto il pezzo, cominciano a
intessersi i melismi delle altre tre voci
(
duplum, triplum, quadruplum),
in un
susseguirsi incessante di disegni ritmici
basati sulla metrica quantitativa latina:
come se dentro vi fosse racchiusa
“l’anima degli oranti”, che pareva
lacerarsi “per esprimere la gioia, il
dolore, la lode, l’amore, con slanci di
sonorità soavi”. Quale potenza ha la
musica!
Quello che vorrei far notare è che,
nonostante il trascorrere dei secoli da
quel giorno immaginario del romanzo –
ma anche nella realtà, da quando in
Notre-Dame s’era cominciato a cantare
gli
organa
– lo stupore e la meraviglia
che ci prendono all’ascolto è rimasto – io
penso – immutato.
Il nome della rosa
[partendo da un organum di Perotinus]
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